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venerdì 12 maggio 2017

La moralità a singhiozzo


Molti si rifanno a valori cristiani per giustificare la loro opposizione al riconoscimento di diritti civili fondamentali quali quelli per esempio riguardanti le coppie omosessuali o il fine vita.
Talora incitano a boicottare in Parlamento le leggi al riguardo, a farsi  nella società "obiettori di coscienza".


Ma se poi si tratta p.e. di profughi, i principi cristiani vengono letteralmente gettati in mare. 
Questa è la morale, l'osservanza di principi a singhiozzi di cui sono affetti molti politicamente, socialmente e privatamente.
La bontà, il principio di umanità, la comprensione, l'empatia si fermano per molti sull'uscio di "casa", dove casa è un proprio particolare interesse.
Ma i principi, la morale, la solidarietà umana non ha linee di demarcazione. Se sì, sono solo parole che usiamo a sproposito per abbellire e vendere come oro declinazioni di egoismi particolari.
Per capire ciò abbiamo bisogno di intelligenza, in primo luogo quella del cuore e temo che sia merce rara.

Maria Letizia Del Zompo

giovedì 11 maggio 2017

Il disincanto e l'amore


Quello che scrivo ad alcuni potrà forse sembrare naif, potrà non piacere o provocare un’alzata di spalle. Ma quello che scrivo lo sento, lo vivo, lo penso, è una parte di quello che sono.E comunque la verità è che, qualche volta, mi sento in difetto. Mi sento in difetto nei confronti di questi nostri tempi moderni. Non riesco a non scrivere d’amore, a non dar forma ai miei entusiasmi, alle mie passioni, al mio senso di compartecipazione con la natura e con gli altri.

Non è che lo veda sempre mezzo pieno questo benedetto bicchiere che è la nostra vita. Conosco il dolore, la sconfitta, le piccole meschinità, le mie ombre e quelle altrui. Conosco e soffro l’irrisolto mistero della nostra piccola vita che può sembrare insignificante, la disillusione di chi non crede più in un Dio infinitamente buono e giusto che ci ha messo su questo Terra per un determinato scopo. Conosco la disperazione per un mondo che sembra indomabile e impossibile da correggere, da redimere. Conosco e comprendo l’assunto per cui la realtà è una mera costruzione condizionata dalla nostra maniera di percepire le cose e di interagire con esse. So che per questo non ci sarà mai possibile conoscere la “VERITÀ”, trovare risposte alle domande che da sempre assillano la nostra piccola esistenza di uomini.

Ma se anche non conosceremo mai la Verità, è possibile conoscere la nostra, la verità delle nostre emozioni, se non potremo mai redimere il mondo, possiamo migliorarlo per qualcuno e per noi stessi abituandoci a gesti di altruismo, di comprensione, d’ascolto.

Ciò che scrivo scaturisce da questa impostazione di vita. È qualcosa di spontaneo, non è un voler star bene per forza. È un flusso, uno stato d’essere, che spesso è semplicemente lì, spontaneo, e vuole essere cantato, omaggiato, condiviso.

Mi chiedo se oggi non abbiamo bisogno proprio di questo, se non possa considerarsi un atto rivoluzionario parlare di cose antiche come gli amori che durano, gli incontri che toccano, gli affetti che resistono, le corrispondenze che ci scuotono, le idee che restano, della nostra nostalgia per tutto ciò quando non riusciamo a viverlo, spesso per paura.

Perché ci rimpiccioliamo e sacrifichiamo la nostra anima, intesa come la parte più profonda e vera di noi, sull'altare di una modernità che ci vuole talora freddi, distaccati, razionali, disincantati, disillusi? Perché non capire il disincanto come una faccia di quel sogno che è la vita e magari una fase necessaria e di transizione per andare oltre?

Io penso che siamo ammalati di negatività, di una razionalità mal intesa che non ci rende liberi ma schiavi dell’apparire. Penso che il voler apparire sia una conseguenza del vuoto che avvertiamo dentro ed il vuoto è una conseguenza del negarci l’unica cosa che su questo così complicato mondo ci fa star bene: l’amore, gli affetti che durano, gli abbracci che non finiscono, le passioni che ci coinvolgono. O di negarci la gioia di celebrarli.
Oggi potremmo farlo alla luce di una razionalità che ci ha donato la capacità di riconoscere le nostre proiezioni, donandoci maggiore consapevolezza. Per ritrovare il senso in un mondo ammalato di una razionalità fredda e vuota perché svuotata dell’anima, abbiamo bisogno di una razionalità che nutra la chiarezza del cuore. Abbiamo bisogno di saperci leggere dentro.E allora, chissà, potrebbero succedere cose che oggi sembrano utopie, fantasticherie di menti naif.
Ma la realtà non sarebbe quello che è, se di tanto in tanto non ci fossero state persone che hanno sognato l’impossibile.
Testo
Maria Letizia Del Zompo
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giovedì 4 maggio 2017

Imparai


A chi sa amare, a chi sa sognare,
a chi sa inventarsi la vita,
a chi sa dire e dirsi la verità.


Testo
Maria Letizia Del Zompo

Diario di un disilluso. Attendere l'imprevedibile


Aspettavano una folata di vento
che capovolgesse i giorni
ridonasse splendore alle stelle
e l'azzurro ai loro sogni.


Testo
Maria Letizia Del Zompo

Una giostra di ricordi


L'aveva vista tornare bambina
e correre verso il mare,
abbandonarsi alle onde...
come una giostra di ricordi
che ora vivevano in un sorriso.


Testo
Maria Letizia Del Zompo

mercoledì 3 maggio 2017

Viaggiare - Un tempo dell'anima

Hawaii - Isola di Kauai

Amo viaggiare, amo vedere posti nuovi, amo quell'acuirsi dei sensi quando ciò che mi circonda non mi è familiare, quel vago senso di paura che si risolve in movimento e iniziativa, quella curiosità disposta alla meraviglia.
Amo quel tempo sospeso che sembra dilatarsi e fare di minuti eternità. Amo ciò che non conosco perché mi costringe a vedere con occhi nuovi. Amo le lingue straniere anche se non le comprendo, i gusti esotici, i profumi sconosciuti.
Amo cadere distrutta nel letto la sera per aver camminato troppo e sentirmi l'anima dilatata dalla bellezza.


Testo e foto
Maria Letizia Del Zompo

sabato 29 aprile 2017

Un'improvvisa quiete



Non sapeva come spiegarlo.
Dopo lunghe ed estenuanti battaglie, tutto si era quasi improvvisamente acquietato. Era in lei una così profonda serenità che le sembrava fosse abitata da un’azzurra vastità, un’infinita distesa acquamarina. Un’incommensurabile pace fatta di fiducia, una morbida gioia come un filare lento, un tessere paziente di reti. 

Non era certa di poterlo spiegare. Era un sapere che nessuno poteva più toglierle, quello che aveva conquistato. Era un essere in se stessi per ritrovare completamente l’altro, il sorriso, la gioia, la tenerezza da donare a piene mani. Aveva una gran voglia di darsi, di accarezzare, di amare dolcemente in punta di piedi, di ringraziare la notte per i sonni e le veglie, il giorno per la quiete e gli affanni, le persone per gli arrivi e gli addii.

Era semplicemente gratitudine per l’aver resistito, combattuto e l’essere approdata infine su una spiaggia di sabbia calda e fina. Era gratitudine per l’esserci.

Chiuse gli occhi e vide lui, la propria vita, tutte le persone che avrebbe incontrato e accolto, vedeva il mare, le colline, i prati, sentiva il vento, ascoltava il crepitio del fuoco.

Era fiducia la sua, una fiducia che si ramificava in tutto come un respiro.

Rimase a occhi chiusi e benedì quel giorno. 
Ne avrebbe fatto tesoro per gli altri giorni, quelli che avrebbero visto giungere nuovamente le maree. Perché sicuramente sarebbero arrivati di nuovo il vento e le correnti. 

Ma ora aveva una barca e una vela, un’ancora e un’insenatura, una canna da pesca e una rete, un cappello e un ventaglio, uno scacciapensieri e una cetra, un rifugio e un giaciglio. Aveva tutto ciò che le serviva per stare lontana dalle correnti, per domarle o cavalcarle, per giocare con esse o semplicemente per ammirarle e farne ispirazione di sogni.

Rimase lì ad aspettare a occhi chiusi che il tempo tornasse.

Perché sarebbe tornato, come sempre.
Ma ora sapeva con certezza di potergli rubare ogni giorno un po’ d’eternità.


Testo
Maria Letizia Del Zompo

mercoledì 26 aprile 2017

Tutto è solo un arrivederci


Cosa giace nel profondo di un’anima che cerca di esprimersi, di raggiungere la superficie in un mondo che sembra fatto per rigettarla, come tutto ciò che profuma di vero, di essenziale? Qual è la sua destinazione, a cosa anela?
È l’anima solo un costrutto della nostra mente o il respiro dell’infinito? Appartiene a noi, al nostro immaginario o all'universo e a chi forse lo creò?
È solo una compagna di strada, frutto delle nostre fantasie, per dar colore alla nostra misera vita, prigioniera di molecole organiche, soggetta alle leggi imperterrite della chimica e della fisica, costretta da esse al tentativo, all'evoluzione e regressione, al moto e alla perseveranza, all'attrazione e repulsione, condannata all'incessante divenire?
O è forse l’anima l’unica costante, la sostanza originaria, esistente già prima dell’inizio dei tempi, la quale ci tesse all'infinito, come maglie di una catena che non ha inizio né fine?


Considerazioni nate durante una passeggiata in riva al mare.


E pensavo a te, padre. Prima che tu morissi, ero terrorizzata dall'idea che potessi lasciarmi, per sempre. Avevo paura del dolore, dell’assolutezza di quell'addio, dell’incommensurabilità della perdita.
Poi accadde. Tu moristi, all'improvviso, senza la possibilità di un commiato. Gridai e piansi, piansi molto e per molto tempo. Ma rimasi in piedi e ti lasciai andare, anche se ci misi un po’. Non imprecai, non mi arrabbiai con te per avermi lasciato sola. Ti feci una promessa e questo mi restituì alla vita. Ti promisi di mettermi in cammino verso me stessa.

E capii che non c’è niente di assoluto nella vita, niente che se ne vada veramente e per sempre.

Tutto è solo e sempre un arrivederci, un ricomporsi in un abbraccio che pensavamo sciolto. Tutto è un ciclo, un allontanarsi per poi ritrovarsi di nuovo. Ciò che se ne va non scompare davvero, perché lascia dietro di sé una scia luminosa, una traccia, una miriade di corpuscoli danzanti, ognuno con il suo profumo, il suo colore, la sua vibrazione. Piccoli tasselli di un mosaico, pronto a assemblarsi sempre nuovo.

No, nella vita non esistono addii, la vita non concede commiati per sempre. Niente scompare in un buio indistinto senza lasciare traccia.


Così me ne andavo passeggiando in spiaggia, accanto ad un meravigliosa acqua settembrina, opaca, imperscrutabile, che si svelava solo attraverso le sue onde, la sua superficie occhieggiante di ritagli smeraldi. Sembrava mi invitasse alla danza, avvicinandosi in punta di piedi, come un’amante che si dà con ritegno, lentamente, accortamente. I suoi misteri, quelli raccolti nel pieno della sua stagione, li avrebbe svelati solo a chi si sarebbe avventurato ad accogliere il suo abbraccio, a osare uno sguardo oltre il suo manto d’opale.


Testo e foto
Maria Letizia Del Zompo

martedì 25 aprile 2017

La differenza, in una relazione, la fa sempre e solo l’amore e il rispetto.


Leggendo alcuni post su facebook, mi sono accorta che c’è una grande discussione sull'età della compagna o moglie (se l’una o l’altra, non me ne importa nulla) di Macron, possibile futuro Presidente della Francia.

Ecco, penso che a tutti, come a me, dovrebbe importare un fico secco se io (per dire) scelgo come compagno un uomo o una donna, o entrambi a piacimento, qualcuno più giovane o più vecchio, bello o brutto, italiano o del Timbuctù, con più o meno peli. Le scelte private sono appunto private e insindacabili.

La differenza, in una relazione, la fa (e dovrebbe farla) sempre e solo l’amore e il rispetto. 

Tutto il resto sono chiacchiere assurde e inconcludenti da bar, per distrarci dalle nostre incapacità e mancanze, dalla nostra infelicità. Se dobbiamo discutere e criticare o indignarci facciamolo contro chi non rispetta il proprio partner, chi usa violenza fisica e psicologica fino all'omicidio. Questi sono gli argomenti su cui dovremmo riflettere e discutere, cui dedicare un po’ della nostra curiosità e passione.


Maria Letizia Del Zompo

25 Aprile, la lotta per una vita onesta e libera non termina mai. Dedicata a mio padre


Questa giornata della Memoria voglio dedicarla a mio Padre e con lui a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che pagarono con la loro vita, la fatica, le privazioni, la libertà di cui oggi godiamo e che dobbiamo continuare a difendere perché è un bene fragile, come tutte le cose che veramente contano.

La dedico a mio padre che nel lontano 8 Settembre del 1943, trovandosi a bordo del rimorchiatore Datura, presso Salins d'Hyeres al Sud della Francia,  dopo la proclamazione dell’Armistizio preferì la deportazione e il campo lavoro, piuttosto che la collaborazione con i tedeschi.

La dedico a mio padre che fu ed è ancora il filo rosso della mia vita, quello che mi impedì in momenti di difficoltà di smarrire il sentiero; la mia ancora, quella che mi diede respiro in porti sicuri dopo giornate, mesi, anni di tempesta. Mio padre dal quale imparai il coraggio dell’onestà e la bellezza del perdono, da cui imparai la responsabilità dei miei atti e delle mie parole. Mio padre dal quale appresi che l’amore non ha condizioni ma non ci esime dall’obbligo di essere equi.

Mio padre dal quale imparai anche il paradosso, la contraddizione, la difficoltà del bene, l’impossibilità di essere giusti sempre. Mio padre che mi trasmise anche il suo dolore, le sue paure, le sue rabbie.

Mio padre che porto nel cuore come voce della mia coscienza e come testimone dell’ultima battaglia, la più difficile, quella che mi rese finalmente liberà. L’amore rende schiavi se non si emancipa dall'oggetto dell’amore ed io dovetti seppellire alcuni dei suoi contraddittori insegnamenti per aver anch'io il coraggio delle mie idee. Dovetti seppellire la paura di deluderlo per essere autentica. Dovetti avere il coraggio di poter fallire per poter crescere.

È una battaglia continua quella per una vita onesta e libera, qualcosa in cui talora si fallisce o si rischia di fallire. Ma ciò non ci esime dal continuare nel tentativo.

In memoria dei nostri cari. Facciamolo anche per loro.


Testo
Maria Letizia Del Zompo

lunedì 24 aprile 2017

Se pensi che gli immigrati ci rubino il lavoro




Se sei tra quelli che si lamentano che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani, chiediti:
Mi è stato mai preferito uno straniero per un concreto posto di lavoro al quale aspiravo o è capitato alla maggior parte degli “italiani” che conosco personalmente?
Se la risposta è no, chiediti:
·    Perché sostengo tesi che non hanno riscontro nella mia esperienza personale?
Se la risposta è sì, chiediti:
·      L’altro era più preparato e qualificato?
              Se la risposta è di nuovo sì, chiediti:
·  Perché invece di prepararmi e studiare di più, ritengo che  mi sia
   dovuto qualcosa anche quando sono in difetto?
   Se la risposta a questa seconda domanda è no e l’immigrato lo 
   hanno preferito solo perché possono pagarlo di meno, chiediti:
·  Perché me la prendo con lo straniero e non con il datore di lavoro che sfrutta, o con un sistema politico corrotto ed incapace; perché preferisco prendermela con i deboli e non con i potenti?

Se queste poche domande ti sembrano già troppe o troppo complicate, chiediti perché molti pensano che il razzismo abbia a che fare con l’ignoranza.


Maria Letizia Del Zompo

domenica 23 aprile 2017

L'esistenza è acqua che scorre


Spesso riduciamo le persone e il mondo in categorie per mantenere l'illusione di avere la nostra vita sotto controllo. Ma l'esistenza è acqua che scorre.


Spesso ci bastano alcune parole, gesti, sguardi per dire di una persona: "Ok, ho capito com'è."
Così facciamo con tutto il resto, occasioni, situazioni, cose. In base alla nostra esperienza e alle nostre inclinazioni, scegliamo, facciamo una cernita: va bene, non va bene. Questo ci permette di orientarci velocemente nel mondo e nella nostra vita. Ma è una riduzione che con il passare del tempo ci impoverisce, ci rende ciechi alla bellezza, che risiede nella pluralità, nella diversità.
Ogni tanto dovremmo soffermarci a rivedere i nostri filtri, ad ampliarli, dar loro una bella spolverata per non perderci tutta quella vita, quella meraviglia nelle persone e nelle cose del mondo che si annida fuori il campo delle nostre routinarie percezioni.

Testo
Maria Letizia Del Zompo

mercoledì 19 aprile 2017

La delusione



Molti non si rendono conto
di quanto feriscano gli altri
con le loro aspettative
che poi chiameranno delusioni.



Quando si dà rispetto, si tratta gli altri con gentilezza, si ama, la cosa più difficile da fare è tenere distinti il legittimo desiderio di corrispondenza dall'aspettarsi che l’altro ci ricambi in uguale misura.  È necessario capire che il dare risponde innanzitutto a un nostro bisogno, che nel dare c’è già la ricompensa, che se la risposta non viene, non dobbiamo prendercela, semmai andare oltre. Forse siamo arrivati semplicemente nel momento sbagliato, un momento in cui l’altro non è disposto a ricevere e a dare a sua volta.
E quando ci diciamo delusi, chiediamoci se l’altra persona veramente ci ha ingannati, facendoci credere di lei cose che poi si sono rilevate false o, come spesso accade, siamo stati noi a voler vedere nell'altro ciò che non c’è mai stato o che c’era solo in parte, e a ingrandire le virtù altrui per soddisfare un nostro bisogno.

Testo
Maria Letizia Del Zompo

Erano specchi, l’uno dell’altro



Erano specchi, l’uno dell’altro.
Erano anime destinate a rimanere in risonanza,
come particelle di luce nate nello stesso istante,
in comunicazione continua anche ai capi opposti dell’universo.
In un tempo giusto si erano guardati, riconosciuti, amati.
Poi si erano inflitti dolore,
anche se questa era l’ultima cosa che avrebbero voluto fare.
Erano caduti e si erano rialzati,
illuminati dalla luce della consapevolezza.
Avevamo sbagliato tutto nel momento giusto,
perché li attendeva un altro tempo.
Così avevano deciso i loro cuori, le loro anime,
che avevano scelto per loro,
un percorso a lungo impenetrabile alla loro ragione,
perché tutto potesse essere salvato.

Si specchiarono un’ultima volta l’un nell'altro,
si sorrisero,si posero l’un l’altro una mano sul cuore,
si guardarono negli occhi,
chinarono il capo in segno di rispetto,
si voltarono le spalle,
per intraprendere ognuno  il proprio cammino.
Si sarebbero incontrati di nuovo, prima o poi,
verso la linea dell’orizzonte,
perché erano semicerchi dello stesso cerchio.

Li attendeva uno scoglio di fronte al mare,
sul quale sedersi l’uno accanto all’altro,
per ammirare il sole sulla linea dell’orizzonte.
Si sarebbero detti:
“Grazie per essere stato nella mia vita,
perché attraverso i tuoi occhi ho riconosciuto me stesso
e ho sentito, ho capito veramente cosa sia l’amore.”
O forse si sarebbero detti:
“Le tue sono le uniche braccia nelle quali mi sento a casa,
e tra le quali voglio vivere finché si sarà consumato l’ultimo tempo.”

Si sarebbero regalati un’alba o un tramonto,
meravigliosi entrambi.
Per un giorno o per una vita,
comunque per sempre.



Testo e foto
Maria Letizia Del Zompo




lunedì 17 aprile 2017

Un giorno di festa diverso




Si ritrovava sola in un giorno in cui tutti, come si usa dire, erano fuori porta. Era il giorno di Pasquetta, giorno di gite, scampagnate, passeggiate con amici o famiglia. Un giorno nel quale sembrerebbe quasi obbligatorio andar fuori, camminare, raccogliere rami di pesco, respirare aria pulita, aria di mare, di campagna, di montagna. Lei era a casa perché nel primo pomeriggio sarebbe andata a prendere la madre per trascorrere qualche ora con lei. Non perché ne avesse particolarmente voglia, ma non si sarebbe sentita bene nella pelle se avesse fatto altrimenti. Altri in famiglia si occupavano già più intensamente di lei della madre che non era più autonoma, avendole la vecchiaia rubato la vista e gran parte della memoria. Non poteva più uscire da sola o andare dalle amiche. Quindi, sarebbe andata lei a distrarla dalla sua tristezza, per qualche ora. Per starsene tra sé e sé, trascorrere un pomeriggio con qualche amico o amica, poteva scegliere un altro giorno. Non doveva uscire a comando alle feste prestabilite, quando tutti gli altri lo facevano. Però, le sembrava emblematico. Non erano poche le persone cui voleva bene e che le volevano bene. Ma lei era sola. Era accaduto spesso così. Non era un animale da gruppo. Non c’era niente da fare. Era per le singole amicizie, i momenti vissuti intensamente, fatti di discorsi seri e profondi, oppure anche di stupidaggini ma spontanee, nate quasi per caso. In verità, lei amava tantissimo le gita fuori porta, i profumi e i sapori semplici, l’aria fresca, le albe e i tramonti, i fiori sui cigli della strada, i rami appena fioriti, il volo e il cinguettare degli uccelli. Cose semplici, cose fuori moda e ormai giudicate da tanti naif. Cose per spiriti ingenui. Amava l’aria dolce della primavera, quella sferzante dell’inverno, i colori dell’autunno, i solleoni passati al mare, nell’acqua o all’ombra di un ombrellone, quando la spiaggia sembrava assopirsi nel caldo vaporoso delle spiagge improvvisamente deserte. Amava la natura in maniera naturalmente passionale, spontanea. Era un amore innato che affondava radici chissà dove. Amava sentire il vento che le soffiava tra i vestiti e sulla pelle, amava avvertire il sole sulle sue guance mentre si lasciava sostenere dall’acqua, nella quale si faceva affondare pian piano, rimanendo immobile e riconciliata. Amava l’odore dei prati, il crepitio delle foglie cadute mentre camminava nei boschi in autunno, i richiami melodiosi degli uccelli, il chioccolio delle onde contro gli scogli del porto nei giorni di mare calmo, e al calar della sera le luci lontane, che punteggiavano le colline oltre la costa ed ingoiavano quella delle stelle.

Era sola in quella mattina di Pasquetta, mentre tanti erano già fuori in compagnia di amici, famiglie, fidanzati, mariti, partner occasionali. Si era gettata molto alle spalle e quelle ore di solitudine erano lo scotto che aveva dovuto pagare per stare meglio con se stessa.
Per un po’ le era sembrato che il mondo sarebbe andato a rotoli. Non solo il suo.
Ma era ancora lì, fiduciosa nonostante tutto. Forse anche un po’ per dispetto. Ce l’avrebbe fatta, pensava.

Trovava che non c’era alternativa alla speranza.


Testo
Maria Letizia Del Zompo