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domenica 21 maggio 2017

Nasceva in una goccia di cristallo il mattino




Nasceva in una goccia di cristallo
il mattino
i paradigmi capovolti
il mondo a testa in giù.
I sogni erano realtà e la realtà sogni
il futuro già trascorso
e il passato un'incognita.
Smarriti i fili rossi
i presenti erano rivoli d’acqua.
Gli amori finivano e rinascevano
come se non esistesse il dolore.
Il mondo era sotto sopra
e lei spalancò il cielo sotto i piedi
e cadde nell'azzurro.
Precipitò nel blu come solcasse mari.
I limiti erano solo ponti ed archi
corde da tendere
perché ci vibrasse dentro l’universo.
Tutto il suo sconfinato mondo
in una sfera di cristallo.

Testo
Maria Letizia Del Zompo

giovedì 4 maggio 2017

Diario di un disilluso. Attendere l'imprevedibile


Aspettavano una folata di vento
che capovolgesse i giorni
ridonasse splendore alle stelle
e l'azzurro ai loro sogni.


Testo
Maria Letizia Del Zompo

mercoledì 3 maggio 2017

Viaggiare - Un tempo dell'anima

Hawaii - Isola di Kauai

Amo viaggiare, amo vedere posti nuovi, amo quell'acuirsi dei sensi quando ciò che mi circonda non mi è familiare, quel vago senso di paura che si risolve in movimento e iniziativa, quella curiosità disposta alla meraviglia.
Amo quel tempo sospeso che sembra dilatarsi e fare di minuti eternità. Amo ciò che non conosco perché mi costringe a vedere con occhi nuovi. Amo le lingue straniere anche se non le comprendo, i gusti esotici, i profumi sconosciuti.
Amo cadere distrutta nel letto la sera per aver camminato troppo e sentirmi l'anima dilatata dalla bellezza.


Testo e foto
Maria Letizia Del Zompo

sabato 29 aprile 2017

Un'improvvisa quiete



Non sapeva come spiegarlo.
Dopo lunghe ed estenuanti battaglie, tutto si era quasi improvvisamente acquietato. Era in lei una così profonda serenità che le sembrava fosse abitata da un’azzurra vastità, un’infinita distesa acquamarina. Un’incommensurabile pace fatta di fiducia, una morbida gioia come un filare lento, un tessere paziente di reti. 

Non era certa di poterlo spiegare. Era un sapere che nessuno poteva più toglierle, quello che aveva conquistato. Era un essere in se stessi per ritrovare completamente l’altro, il sorriso, la gioia, la tenerezza da donare a piene mani. Aveva una gran voglia di darsi, di accarezzare, di amare dolcemente in punta di piedi, di ringraziare la notte per i sonni e le veglie, il giorno per la quiete e gli affanni, le persone per gli arrivi e gli addii.

Era semplicemente gratitudine per l’aver resistito, combattuto e l’essere approdata infine su una spiaggia di sabbia calda e fina. Era gratitudine per l’esserci.

Chiuse gli occhi e vide lui, la propria vita, tutte le persone che avrebbe incontrato e accolto, vedeva il mare, le colline, i prati, sentiva il vento, ascoltava il crepitio del fuoco.

Era fiducia la sua, una fiducia che si ramificava in tutto come un respiro.

Rimase a occhi chiusi e benedì quel giorno. 
Ne avrebbe fatto tesoro per gli altri giorni, quelli che avrebbero visto giungere nuovamente le maree. Perché sicuramente sarebbero arrivati di nuovo il vento e le correnti. 

Ma ora aveva una barca e una vela, un’ancora e un’insenatura, una canna da pesca e una rete, un cappello e un ventaglio, uno scacciapensieri e una cetra, un rifugio e un giaciglio. Aveva tutto ciò che le serviva per stare lontana dalle correnti, per domarle o cavalcarle, per giocare con esse o semplicemente per ammirarle e farne ispirazione di sogni.

Rimase lì ad aspettare a occhi chiusi che il tempo tornasse.

Perché sarebbe tornato, come sempre.
Ma ora sapeva con certezza di potergli rubare ogni giorno un po’ d’eternità.


Testo
Maria Letizia Del Zompo

mercoledì 26 aprile 2017

Tutto è solo un arrivederci


Cosa giace nel profondo di un’anima che cerca di esprimersi, di raggiungere la superficie in un mondo che sembra fatto per rigettarla, come tutto ciò che profuma di vero, di essenziale? Qual è la sua destinazione, a cosa anela?
È l’anima solo un costrutto della nostra mente o il respiro dell’infinito? Appartiene a noi, al nostro immaginario o all'universo e a chi forse lo creò?
È solo una compagna di strada, frutto delle nostre fantasie, per dar colore alla nostra misera vita, prigioniera di molecole organiche, soggetta alle leggi imperterrite della chimica e della fisica, costretta da esse al tentativo, all'evoluzione e regressione, al moto e alla perseveranza, all'attrazione e repulsione, condannata all'incessante divenire?
O è forse l’anima l’unica costante, la sostanza originaria, esistente già prima dell’inizio dei tempi, la quale ci tesse all'infinito, come maglie di una catena che non ha inizio né fine?


Considerazioni nate durante una passeggiata in riva al mare.


E pensavo a te, padre. Prima che tu morissi, ero terrorizzata dall'idea che potessi lasciarmi, per sempre. Avevo paura del dolore, dell’assolutezza di quell'addio, dell’incommensurabilità della perdita.
Poi accadde. Tu moristi, all'improvviso, senza la possibilità di un commiato. Gridai e piansi, piansi molto e per molto tempo. Ma rimasi in piedi e ti lasciai andare, anche se ci misi un po’. Non imprecai, non mi arrabbiai con te per avermi lasciato sola. Ti feci una promessa e questo mi restituì alla vita. Ti promisi di mettermi in cammino verso me stessa.

E capii che non c’è niente di assoluto nella vita, niente che se ne vada veramente e per sempre.

Tutto è solo e sempre un arrivederci, un ricomporsi in un abbraccio che pensavamo sciolto. Tutto è un ciclo, un allontanarsi per poi ritrovarsi di nuovo. Ciò che se ne va non scompare davvero, perché lascia dietro di sé una scia luminosa, una traccia, una miriade di corpuscoli danzanti, ognuno con il suo profumo, il suo colore, la sua vibrazione. Piccoli tasselli di un mosaico, pronto a assemblarsi sempre nuovo.

No, nella vita non esistono addii, la vita non concede commiati per sempre. Niente scompare in un buio indistinto senza lasciare traccia.


Così me ne andavo passeggiando in spiaggia, accanto ad un meravigliosa acqua settembrina, opaca, imperscrutabile, che si svelava solo attraverso le sue onde, la sua superficie occhieggiante di ritagli smeraldi. Sembrava mi invitasse alla danza, avvicinandosi in punta di piedi, come un’amante che si dà con ritegno, lentamente, accortamente. I suoi misteri, quelli raccolti nel pieno della sua stagione, li avrebbe svelati solo a chi si sarebbe avventurato ad accogliere il suo abbraccio, a osare uno sguardo oltre il suo manto d’opale.


Testo e foto
Maria Letizia Del Zompo

mercoledì 19 aprile 2017

Erano specchi, l’uno dell’altro



Erano specchi, l’uno dell’altro.
Erano anime destinate a rimanere in risonanza,
come particelle di luce nate nello stesso istante,
in comunicazione continua anche ai capi opposti dell’universo.
In un tempo giusto si erano guardati, riconosciuti, amati.
Poi si erano inflitti dolore,
anche se questa era l’ultima cosa che avrebbero voluto fare.
Erano caduti e si erano rialzati,
illuminati dalla luce della consapevolezza.
Avevamo sbagliato tutto nel momento giusto,
perché li attendeva un altro tempo.
Così avevano deciso i loro cuori, le loro anime,
che avevano scelto per loro,
un percorso a lungo impenetrabile alla loro ragione,
perché tutto potesse essere salvato.

Si specchiarono un’ultima volta l’un nell'altro,
si sorrisero,si posero l’un l’altro una mano sul cuore,
si guardarono negli occhi,
chinarono il capo in segno di rispetto,
si voltarono le spalle,
per intraprendere ognuno  il proprio cammino.
Si sarebbero incontrati di nuovo, prima o poi,
verso la linea dell’orizzonte,
perché erano semicerchi dello stesso cerchio.

Li attendeva uno scoglio di fronte al mare,
sul quale sedersi l’uno accanto all’altro,
per ammirare il sole sulla linea dell’orizzonte.
Si sarebbero detti:
“Grazie per essere stato nella mia vita,
perché attraverso i tuoi occhi ho riconosciuto me stesso
e ho sentito, ho capito veramente cosa sia l’amore.”
O forse si sarebbero detti:
“Le tue sono le uniche braccia nelle quali mi sento a casa,
e tra le quali voglio vivere finché si sarà consumato l’ultimo tempo.”

Si sarebbero regalati un’alba o un tramonto,
meravigliosi entrambi.
Per un giorno o per una vita,
comunque per sempre.



Testo e foto
Maria Letizia Del Zompo




lunedì 17 aprile 2017

Un giorno di festa diverso




Si ritrovava sola in un giorno in cui tutti, come si usa dire, erano fuori porta. Era il giorno di Pasquetta, giorno di gite, scampagnate, passeggiate con amici o famiglia. Un giorno nel quale sembrerebbe quasi obbligatorio andar fuori, camminare, raccogliere rami di pesco, respirare aria pulita, aria di mare, di campagna, di montagna. Lei era a casa perché nel primo pomeriggio sarebbe andata a prendere la madre per trascorrere qualche ora con lei. Non perché ne avesse particolarmente voglia, ma non si sarebbe sentita bene nella pelle se avesse fatto altrimenti. Altri in famiglia si occupavano già più intensamente di lei della madre che non era più autonoma, avendole la vecchiaia rubato la vista e gran parte della memoria. Non poteva più uscire da sola o andare dalle amiche. Quindi, sarebbe andata lei a distrarla dalla sua tristezza, per qualche ora. Per starsene tra sé e sé, trascorrere un pomeriggio con qualche amico o amica, poteva scegliere un altro giorno. Non doveva uscire a comando alle feste prestabilite, quando tutti gli altri lo facevano. Però, le sembrava emblematico. Non erano poche le persone cui voleva bene e che le volevano bene. Ma lei era sola. Era accaduto spesso così. Non era un animale da gruppo. Non c’era niente da fare. Era per le singole amicizie, i momenti vissuti intensamente, fatti di discorsi seri e profondi, oppure anche di stupidaggini ma spontanee, nate quasi per caso. In verità, lei amava tantissimo le gita fuori porta, i profumi e i sapori semplici, l’aria fresca, le albe e i tramonti, i fiori sui cigli della strada, i rami appena fioriti, il volo e il cinguettare degli uccelli. Cose semplici, cose fuori moda e ormai giudicate da tanti naif. Cose per spiriti ingenui. Amava l’aria dolce della primavera, quella sferzante dell’inverno, i colori dell’autunno, i solleoni passati al mare, nell’acqua o all’ombra di un ombrellone, quando la spiaggia sembrava assopirsi nel caldo vaporoso delle spiagge improvvisamente deserte. Amava la natura in maniera naturalmente passionale, spontanea. Era un amore innato che affondava radici chissà dove. Amava sentire il vento che le soffiava tra i vestiti e sulla pelle, amava avvertire il sole sulle sue guance mentre si lasciava sostenere dall’acqua, nella quale si faceva affondare pian piano, rimanendo immobile e riconciliata. Amava l’odore dei prati, il crepitio delle foglie cadute mentre camminava nei boschi in autunno, i richiami melodiosi degli uccelli, il chioccolio delle onde contro gli scogli del porto nei giorni di mare calmo, e al calar della sera le luci lontane, che punteggiavano le colline oltre la costa ed ingoiavano quella delle stelle.

Era sola in quella mattina di Pasquetta, mentre tanti erano già fuori in compagnia di amici, famiglie, fidanzati, mariti, partner occasionali. Si era gettata molto alle spalle e quelle ore di solitudine erano lo scotto che aveva dovuto pagare per stare meglio con se stessa.
Per un po’ le era sembrato che il mondo sarebbe andato a rotoli. Non solo il suo.
Ma era ancora lì, fiduciosa nonostante tutto. Forse anche un po’ per dispetto. Ce l’avrebbe fatta, pensava.

Trovava che non c’era alternativa alla speranza.


Testo
Maria Letizia Del Zompo

sabato 8 aprile 2017

In verità, in verità ti dico





- Come mi piacerebbe guardare le stelle con gli occhi d’allora!
- E cosa vedresti?
- Vedrei la dimora degli Dei, il regno di mitici messaggeri celesti, contemplerei   leggendari condottieri e premonizioni d’avvenire.
- E cosa vedi oggi?
- Conglomerati d’atomi incandescenti, centrali di fusione nucleare, megatonnellate d‘energia, sorgenti di nocivi raggi ultravioletti, tempeste magnetiche, macchie solari e irraggiungibili lontananze.
- Hai per questo smesso di amare le stelle? E hanno per questo le stelle svelato tutti i loro misteri?
- (…)

- Come mi piacerebbe guardare l’uomo con gli occhi d’allora!
- E cosa vedresti?
- Vedrei una creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio, la meta del cosmo, il culmine della vita, il figlio voluto dell’universo.
- E cosa vedi oggi?
- Una casuale evoluzione dell‘improbabile ciclo dell’esistenza, in un accidentale universo tra tanti. Vedo una scimmia con cravatta e tacquino, una drosofila che ha smesso di volare.
- Hai per questo smesso di amare l’uomo?
- Non saprei.
- Hai per questo la risposta a tutte le tue domande?
- Non …
- Hanno smesso per questo le stelle di essere stelle e l’uomo di essere uomo?
- (…)

 - In verità, in verità ti dico: Ingenuo è colui che crede nelle umane interpretazioni del mondo.


Testo
Maria Letizia Del Zompo