Cosa giace nel profondo di un’anima che cerca di esprimersi, di raggiungere la superficie in un mondo che sembra fatto per rigettarla, come tutto ciò che profuma di vero, di essenziale? Qual è la sua destinazione, a cosa anela?
È l’anima solo un costrutto della nostra mente o il
respiro dell’infinito? Appartiene a noi, al nostro immaginario o all'universo e
a chi forse lo creò?
È solo una compagna di strada, frutto delle nostre fantasie, per
dar colore alla nostra misera vita, prigioniera di molecole organiche, soggetta
alle leggi imperterrite della chimica e della fisica, costretta da esse al tentativo, all'evoluzione e regressione, al moto e alla perseveranza, all'attrazione e repulsione, condannata all'incessante divenire?
O è forse l’anima l’unica costante, la sostanza
originaria, esistente già prima dell’inizio dei tempi, la quale ci tesse all'infinito, come maglie di una catena che non ha inizio né fine?
Considerazioni nate durante una passeggiata in riva
al mare.
E pensavo a te, padre. Prima che tu morissi, ero terrorizzata
dall'idea che potessi lasciarmi, per sempre. Avevo paura del dolore,
dell’assolutezza di quell'addio, dell’incommensurabilità della perdita.
Poi accadde. Tu moristi, all'improvviso, senza la possibilità di un commiato. Gridai e piansi, piansi molto e per molto tempo. Ma rimasi in piedi e ti lasciai andare, anche se ci misi un po’. Non imprecai, non mi arrabbiai con te per avermi lasciato sola. Ti feci una promessa e questo mi restituì alla vita. Ti promisi di mettermi in cammino verso me stessa.
Poi accadde. Tu moristi, all'improvviso, senza la possibilità di un commiato. Gridai e piansi, piansi molto e per molto tempo. Ma rimasi in piedi e ti lasciai andare, anche se ci misi un po’. Non imprecai, non mi arrabbiai con te per avermi lasciato sola. Ti feci una promessa e questo mi restituì alla vita. Ti promisi di mettermi in cammino verso me stessa.
E capii che non c’è niente di
assoluto nella vita, niente che se ne vada veramente e per sempre.
Tutto è solo
e sempre un arrivederci, un ricomporsi in un abbraccio che pensavamo sciolto. Tutto
è un ciclo, un allontanarsi per poi ritrovarsi di nuovo. Ciò che se ne va non
scompare davvero, perché lascia dietro di sé una scia luminosa, una traccia,
una miriade di corpuscoli danzanti, ognuno con il suo profumo, il suo colore,
la sua vibrazione. Piccoli tasselli di un mosaico, pronto a assemblarsi sempre
nuovo.
No, nella vita non esistono addii, la vita non
concede commiati per sempre. Niente scompare in un buio indistinto senza
lasciare traccia.
Così me ne andavo passeggiando in spiaggia, accanto
ad un meravigliosa acqua settembrina, opaca, imperscrutabile, che si svelava
solo attraverso le sue onde, la sua superficie occhieggiante di ritagli smeraldi.
Sembrava mi invitasse alla danza, avvicinandosi in punta di piedi, come
un’amante che si dà con ritegno, lentamente, accortamente. I suoi misteri,
quelli raccolti nel pieno della sua stagione, li avrebbe svelati solo a chi si
sarebbe avventurato ad accogliere il suo abbraccio, a osare uno sguardo oltre
il suo manto d’opale.
Testo e foto
Maria Letizia Del Zompo
Nessun commento:
Posta un commento