Si ritrovava sola in un giorno in cui tutti, come si
usa dire, erano fuori porta. Era il giorno di Pasquetta, giorno di gite,
scampagnate, passeggiate con amici o famiglia. Un giorno nel quale sembrerebbe quasi
obbligatorio andar fuori, camminare, raccogliere rami di pesco, respirare aria
pulita, aria di mare, di campagna, di montagna. Lei era a casa perché nel primo
pomeriggio sarebbe andata a prendere la madre per trascorrere qualche ora con
lei. Non perché ne avesse particolarmente voglia, ma non si sarebbe sentita
bene nella pelle se avesse fatto altrimenti. Altri in famiglia si occupavano già più intensamente di lei della madre che non era più autonoma,
avendole la vecchiaia rubato la vista e gran parte della memoria. Non
poteva più uscire da sola o andare dalle amiche. Quindi, sarebbe andata lei a
distrarla dalla sua tristezza, per qualche ora. Per starsene tra sé e sé,
trascorrere un pomeriggio con qualche amico o amica, poteva scegliere un altro
giorno. Non doveva uscire a comando alle feste prestabilite, quando tutti gli
altri lo facevano. Però, le sembrava emblematico. Non erano poche le persone
cui voleva bene e che le volevano bene. Ma lei era sola. Era accaduto spesso
così. Non era un animale da gruppo. Non c’era niente da fare. Era per le
singole amicizie, i momenti vissuti intensamente, fatti di discorsi seri e
profondi, oppure anche di stupidaggini ma spontanee, nate quasi per caso. In
verità, lei amava tantissimo le gita fuori porta, i profumi e i sapori semplici,
l’aria fresca, le albe e i tramonti, i fiori sui cigli della strada, i rami
appena fioriti, il volo e il cinguettare degli uccelli. Cose semplici, cose fuori
moda e ormai giudicate da tanti naif. Cose per spiriti ingenui. Amava l’aria dolce
della primavera, quella sferzante dell’inverno, i colori dell’autunno, i
solleoni passati al mare, nell’acqua o all’ombra di un ombrellone, quando la spiaggia
sembrava assopirsi nel caldo vaporoso delle spiagge improvvisamente deserte. Amava
la natura in maniera naturalmente passionale, spontanea. Era un amore innato
che affondava radici chissà dove. Amava sentire il vento che le soffiava tra i vestiti
e sulla pelle, amava avvertire il sole sulle sue guance mentre si lasciava
sostenere dall’acqua, nella quale si faceva affondare pian piano, rimanendo
immobile e riconciliata. Amava l’odore dei prati, il crepitio delle foglie
cadute mentre camminava nei boschi in autunno, i richiami melodiosi degli uccelli, il
chioccolio delle onde contro gli scogli del porto nei giorni di mare calmo, e
al calar della sera le luci lontane, che punteggiavano le colline oltre la
costa ed ingoiavano quella delle stelle.
Era sola in quella mattina di Pasquetta, mentre tanti
erano già fuori in compagnia di amici, famiglie, fidanzati, mariti, partner
occasionali. Si era gettata molto alle spalle e quelle ore di solitudine erano
lo scotto che aveva dovuto pagare per stare meglio con se stessa.
Per un po’ le era sembrato che il mondo sarebbe andato a rotoli. Non solo il suo.
Per un po’ le era sembrato che il mondo sarebbe andato a rotoli. Non solo il suo.
Ma era ancora lì, fiduciosa nonostante tutto. Forse
anche un po’ per dispetto. Ce l’avrebbe fatta, pensava.
Trovava che non c’era alternativa alla speranza.
Trovava che non c’era alternativa alla speranza.
Testo
Maria Letizia Del Zompo
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